Nella tradizione anglosassone è normale accompagnare il cibo con i cocktail o altre bevande, mentre in Italia, Paese dalla forte tradizione enoica, il drink a tavola, fino a qualche tempo fa, era una vera e propria rarità.
Ciò non vuol dire, però, che siamo fermi sull'argomento.
Infatti, come sottolinea Il Gambero Rosso, con l'età dell'oro che la miscelazione sta vivendo nella Penisola è sempre più facile imbattersi in ottimi ristoranti in cui pasteggiare con l'accompagnamento di drink sartoriali, e sono numerosi i barman (o barchef, per essere più corretti) che utilizzano con disinvoltura gli strumenti della cucina molecolare.
A dare un significato tutto suo al concetto di cucina liquida è Filippo Sisti, barman del bistrot di Carlo Cracco, Carlo e Camilla in Segheria di Milano. Più che l'abbinamento, che pure viene studiato con cura, qui è la fase della miscelazione in sé a innovarsi prendendo in prestito le preparazioni tipiche del cibo (come le cotture in forno, sottovuoto, l'utilizzo di padelle e abbattitori, spezie e aromi), trovando in esse nuova linfa per la creatività al bancone.
Parlando di pairing, sono ormai numerosi in tutta Italia i locali che propongono in abbinamento ai piatti della tradizione cocktail il più delle volte realizzati ad hoc, meno alcolici rispetto alle ricette originarie e con l’aggiunta di ingredienti che ben si sposano con il menù.
Oltre alla regola di non esagerare con l'alcol, anche per non coprire il sapore dei cibi, è consigliato non eccedere con il numero di alcolici presenti nel miscelato. Fatte proprie queste regole di base, in generale si lavora per affinità gustative e non per contrasto. A una caprese con pomodori e mozzarella, potremmo per esempio abbinare un Gin tonic a base di gin con sentori di pino e guarnito con cetrioli e foglie di menta fresca. In questo modo pietanza e bevanda lavorano insieme e arricchiscono lo spettro di sapori e profumi.
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