Jerry Thomas a Roma dove la miscelazione è rinata

Primo secret bar aperto in Italia, è stato rieletto (per la sesta volta) tra i migliori 50 locali del mondo

Correva la fine del decennio scorso, sulla scena del bartending italiano cominciavano ad affermarsi personaggi di rilievo, desiderosi di scrivere finalmente pagine nuove di una storia un po’ fiacca, ma ancora troppo isolati per poter creare un vero movimento.
Nasce da qui  un locale che ha mosso i primi passi quasi per caso, trasformandosi in pochi anni in un punto di riferimento internazionale. Tanto da essere incluso per sei volte in dieci anni nella World’s 50 best bars, che riunisce i cinquanta migliori bar del mondo.
Niente male per un locale fondato da quattro amici, senza le risorse di molti indirizzi che popolano la prestigiosa top list.
Il progetto – proprio in questi termini l’avevano immaginato i fondatori – è il Jerry Thomas Speakeasy di Roma, il primo secret bar italiano.
Un ambiente raccolto, dai toni caldi, di grande fascino retrò, cui si accede da una porticina e solo su prenotazione e tesseramento obbligatorio: la selezione è fondamentale. Proprio come negli speakeasy americani che, negli anni Venti del proibizionismo, aprivano su invito o con una parola d’ordine.
Non è esagerato affermare che da vicolo Cellini, minuscola traversa di Corso Vittorio Emanuele, è partita la rinascita della miscelazione in Italia.
Merito dei soci fondatori, Leonardo Leuci, Antonio Parlapiano e Roberto Artusio, ai quali dopo meno di un anno si è affiancato Alessandro Procoli, bartender con la passione del cinema, il cui arrivo ha dato un impulso decisivo alla messa a punto e al decollo del locale, che lo scorso aprile ha compiuto dieci anni.
Un compleanno già celebrato con l’uscita di Twist on classic. I grandi cocktail del Jerry Thomas, volume edito da Giunti che raccoglie ricette e molto altro, arricchito da numerosi contributi, a cominciare dalla prefazione del celebre mixographer David Wudrich e dalla appendice di Jude Law.
I festeggiamenti già programmati ovviamente sono saltati a causa della pandemia che si è abbattuta come un ciclone sull’Italia costringendo alla chiusura tutto il mondo horeca.
L’intervista con Alessandro e Roberto non può che partire da qui.

Come vi siete organizzati per affrontare il lockdown?
In questo lungo periodo di riflessione abbiamo cercato di interpretare i diversi provvedimenti del governo e di “anticipare le mosse” per poter garantire ai nostri clienti la massima sicurezza, in termini di igiene e di distanziamento.
Quest’ultimo è l’aspetto per noi più problematico perché ci penalizza non poco: la capienza del locale è infatti scesa da quaranticinque a una quindicina di posti, il che ci costringe a non escludere una turnazione ogni 60-90 minuti per cercare di sostenere il nostro business. Inoltre, al classico menù, abbiamo aggiunto una lista di drink low cost per ampliare la fascia del nostro pubblico.

Veniamo alla storia del locale: come nasce e perché la scelta di puntare sul mitico Jerry Thomas, il “Professore” che nella seconda metà dell’Ottocento codificò in un volume ricette e preparazioni tramandate fino a oggi?
Tutti lavoravamo in altri locali e avevamo accumulato esperienze all’estero, dove la miscelazione era molto più evoluta con la cocktail renaissance statunitense degli anni Ottanta e il contributo di bartender di fama in città europee come Londra.
Così, l’idea iniziale fu quella di riscoprire e rilanciare le origini della miscelazione - che aveva nel volume di Jerry Thomas il suo punto di riferimento - e fare cultura, per esempio organizzando seminari con i grandi nomi del bartending internazionale.

E qui il caso ci ha messo lo zampino…
Decidemmo di fare una riunione nel locale di un’amica, che ci confessò di volerlo cedere: il prezzo era allettante, così lo rilevammo e per un po’ di tempo lo utilizzammo soltanto come dopo lavoro. Finito il turno nei bar dove lavoravamo, ci trasferivamo al Jerry con qualche bottiglia e sperimentavamo cocktail fino all’alba, servendo le nostre creazioni a colleghi e addetti ai lavori amici. Studiare il libro di Jerry Thomas, in anni in cui al massimo si leggevano testi come  la Mr. Boston Bartending Guide del 1935, ci ha permesso di riscoprire classici nel tempo dimenticati: il Sazerac, il Mint Julep, l’Old Fashioned, solo per fare qualche esempio.

Inizi “battaglieri”, successo quasi immediato e crescita esponenziale negli anni: qual è il segreto?
Il Jerry in effetti è cresciuto moltissimo: nessuno di noi ci avrebbe scommesso all’inizio. Abbiamo centrato l’impostazione del bar. Dalle ricette del volume abbiamo tratto ispirazione per avviare un’opera di riscoperta di prodotti come i cordiali e i bitter (che dieci anni fa si compravano quasi solo su Internet) e proporre rivisitazioni dei classici sempre molto studiate. Ci siamo focalizzati nel tempo sui bourbon e rye, sul vermouth e sul Jenever, che siamo stati tra i primi a rilanciare, sul gin, la tequila e il mezcal, oggi molto in voga. Infine, abbiamo riscoperto il rum: non più invecchiato, ma interpretato in chiave semplice, per apprezzarne meglio la materia prima. Regola fissa: niente vodka, che troviamo inadatta al nostro stile di miscelazione.
Abbiamo quasi 2.000 etichette, con alcune chicche da collezionisti, ma non dimentichiamo che siamo partiti con pochissime bottiglie, reinvestendo i soldi che guadagnavamo per arricchire pian piano la bottigliera.

Altri must del Jerry sono le preparazioni home made e i “twist”…
Proprio quelle a cui è dedicato il secondo capitolo del libro del Professore, forse quello ingiustamente meno considerato. L’home made è diventato un nostro tratto distintivo: un know how coltivato con scrupolo, seguendo corsi di erboristeria per conoscere erbe e spezie e comprendere quali adottare. Tanto che accanto al Jerry abbiamo creato un laboratorio artigianale, con moltissime materie prime e macchinari preziosi: dal Rotovapor, un apparato di distillazione, al Freeze Drier, un disidratatore della materia tramite il processo di sublimazione. Il twist, la personalizzazione del drink, è frutto delle nostre sperimentazioni e del nostro modo di interpretare i classici.

LA RICETTA
Improved Aviation

Bankes London Dry Gin, Succo di Limone, Sciroppo alla Lavanda, Liquore alla Violetta, Bitter alla rosa canina.

 

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