Cocktail delivery, la parola al legale

Licenza, buste, etichettatura: ecco le norme di base per effettuare correttamente la consegna di drink miscelati a domicilio.

Cresce il numero di titolari di bar che si affidano alla consegna di cocktail a domicilio. A tale fine e per ottenere maggiori informazioni, abbiamo posto alcune domande a Massimo Montesano, avvocato dello Studio Legale Montesano e Associati con sede a Milano, che ha evidenziato e spiegato le principali norme che regolano questo servizio.

Avvocato Montesano, iniziamo a fare chiarezza: nulla vieta a un titolare di bar la possibilità di proporre e vendere ai propri clienti drink già preparati?
Naturalmente no, esattamente come la normativa attualmente in vigore consente - a ogni tipo di esercente del fuori casa - di commercializzare i propri prodotti: bevande, alcolici e cocktail. È superfluo ricordare che, vista l’attuale emergenza pandemica, la possibilità è prevalentemente limitata all’asporto e al delivery a domicilio.

Quali sono, nello specifico, le prescrizioni previste per non incorrere in violazioni amministrative?
Distinguerei gli ambiti. Innanzitutto, da un punto di vista amministrativo suggerisco di verificare con il competente Ufficio SUAP (Sportello Unico Attività Produttive) se la licenza già rilasciata per la vendita di alcolici consente l’attività di consegna a domicilio. Solitamente non sussistono problemi in questo senso. Da un punto di vista del rispetto delle regole igienico sanitarie, invece, ritengo opportuno integrare il manuale HACCP con la previsione di specifiche relative alle buste sottovuoto quando sono utilizzate.

Ovvero?
In questo caso, il fornitore cedente la busta dovrebbe garantire che il prodotto sia fatto di materiale idoneo al contatto con alimenti e bevande. Più in generale, la consegna a domicilio di un prodotto presenta rischi diversi rispetto alla somministrazione sul posto come possono essere, a titolo di esempio, quelli di tipo batteriologico.

Ci sono altri suggerimenti che possono aiutare l’esercente a rispettare la normativa?
Il mio consiglio è quello di predisporre una vera e propria procedura per la veicolazione dei preparati. Mi spiego meglio: l’Agenzia delle Dogane, competente al rilascio delle licenze per la vendita di alcolici, ha in varie occasioni suggerito una corretta etichettatura del prodotto commercializzato. Quindi, sicuramente, dovranno essere indicati la data di confezionamento, il luogo di preparazione, il dettaglio degli ingredienti, la gradazione alcolica e la data di consumazione. Questo aspetto è particolarmente sensibile se vengono utilizzati succhi o spremute che, come ben sappiamo, sono facilmente deperibili.

 

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