Pizza e delivery: c’è feeling ma può migliorare

La consegna del cibo a domicilio è ritenuto un servizio utile e imprescindibile.
Ecco i suggerimenti degli operatori per renderlo più

Durante il lockdown, il food delivery è stata l’unica fonte di ricavi per le pizzerie italiane. La chiusura degli esercizi a causa della pandemia ha avviato il processo di trasformazione del servizio di consegna a domicilio che, se in passato era ritenuto un asset aggiuntivo al business model di una catena, ma non rientrava nella sfera delle priorità strategiche, oggi ha assunto un’importanza decisamente superiore. Detto ciò, esistono margini di miglioramento, come emerge dalle testimonianze che abbiamo raccolto interpellando alcune note realtà del comparto che, a causa degli elevanti costi, preferiscono esternalizzare il servizio, affidandosi alle principali piattaforme di consegna a domicilio presenti sul mercato.

«È senz’altro una soluzione utile che permette di continuare a lavorare anche in momenti straordinari, come sono stati i primi mesi dell’emergenza sanitaria – riconosce Michela Reginato, fondatrice e proprietaria dell’insegna Cocciuto –. C’è però da dire che, a volte, il prodotto non è recapitato nelle migliori condizioni. Per questo, solo una parte delle nostre pizze rientra nel servizio di consegna a casa, ovvero quelle preparate con ingredienti più secchi e meno umidi. Aggiungo un altro fattore critico, che consiste nel fare ricorso, da parte delle società di delivery, alle promozioni. È vero che le piattaforme stesse si impegnano a pagare la differenza, ma così facendo, in modo sistematico, si rischia di favorire un appiattimento del valore stesso del mercato, dove il prezzo diventa l’unico fattore di scelta».

La necessità di intervenire per perfezionare il pack è diventato uno dei pallini di Matteo Aloe, patron insieme al fratello Salvo della catena Berberè, che proprio sul discorso confezione focalizza l’attenzione quando si parla di delivery.
«Il presupposto di partenza è che il prodotto debba giungere nelle case di chi l’ha ordinato nella sua forma originale, ovvero con la qualità garantita e riconosciuta dell’insegna – dice il pizzaiolo calabrese –. In quest’ottica, abbiamo sviluppato un sistema che consiste nell’usare un foglio ondulato posizionandolo sotto la pizza conservata nel cartone. Tale tecnica permette una graduale fuoriuscita di vapore durante il percorso di consegna, rendendo la pizza più croccante e gustosa. Inoltre, con alcune piattaforme con cui lavoriamo, stiamo studiando degli special box dotati di appositi divisori per separare i piatti caldi da quelli freddi, in modo da favorire il mantenimento della giusta temperatura di ciò che giunge a destinazione del consumatore finale».
Le modalità di consegna rappresentano anche per Stefano Saturnino, Ceo della catena Pizzium, gli elementi sui quali indirizzare gli sforzi per migliorare il servizio e incrementare la soddisfazione del cliente finale.
«La comodità di ricevere una pizza a domicilio spesso si scontra con una conservazione del prodotto inadeguata in fase di consegna: questa è una circostanza molto negativa perché la pizzeria rischia di ricevere feedback non corretti e, di conseguenza, perdere il cliente» - osserva il titolare dell’insegna nata nel 2017 da un’idea del mastro pizzaiolo Giovanni Arbellini. Catena che, per la cronaca, ha appena ratificato un accordo con la piattaforma UberEats che avrà il compito esclusivo di recapitare a domicilio la pizza targata Pizzium.

Lievità, dal canto suo e per voce di uno dei suoi soci, Gianmaria D’Angelo, confessa di essere stata presa in contropiede dal boom del delivery registrato nei mesi di lockdown. In quei giorni, una media superiore ai cento ordini al giorno ha obbligato l’insegna a correre ai ripari, raddoppiando da tre a sei il personale operativo nei suoi punti vendita (chiusi al pubblico). Un’esperienza che ha fatto riflettere i titolari della catena che, pur riconoscendo l’utilità del servizio di consegna della pizza direttamente a casa del cliente, hanno individuato alcune oggettive criticità sulle quali è auspicabile intervenire.
«Le piattaforme dovrebbero cercare di fronteggiare un limite, che è quello di non gestire direttamente i loro rider – sostiene D’Angelo –. Una situazione che, spesso, complica l’organizzazione e solleva problemi che si verificano nel recapitare a casa la pizza nei tempi concordati, così come in quelli stabiliti per ritirarla nel punto vendita. Occorre, a questo punto, formulare piani di dialogo tra le parti, ovvero tra noi esercenti e le società di delivery. Così facendo, si creerebbero i presupposti per un reale lavoro di squadra, che aggiungerebbe efficienza al delivery, introducendo una maggiore regolamentazione. Noi con Deliveroo ci siamo già mossi in questa direzione organizzando incontri mensili».

IN SINTESI
COME MIGLIORARE IL SERVIZIO DI DELIVERY
    •   Maggiore coordinamento tra pizzeria e società di delivery
    •   Innovazione sul packaging
    •   Più formazione per i rider
    •   Regole precise sull’osservanza degli orari di consegna

 

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